Evoluzione storica e giuridica dei diritti fondamentali dell’uomo, in quanto singolo ed in quanto individuo, comparandoli con le costituzioni liberali

Dichiarazione universale dei diritti umani

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

(Art.1 della Dichiarazione universale dei diritti umani)

La dichiarazione universale dei diritti umani è un documento sui diritti della persona, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella sua terza sessione, il 10 dicembre 1948 a Parigi con la risoluzione 219077A.

La dichiarazione è frutto di una elaborazione secolare, che parte dai primi principi etici classico-europei stabiliti dalla Bill of Rights e dalla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, ma soprattutto dalla dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino stesa nel 1789 durante la Rivoluzione francese, i cui elementi di fondo (i diritti civili e politici dell’individuo) sono confluiti in larga misura in questa carta.

Molto rilevanti nel percorso che ha portato alla sua realizzazione sono i Quattordici punti redatti dal presidente Woodrow Wilson nel 1918 e i pilastri delle Quattro libertà enunciati da Franklin Delano Roosevelt nella Carta Atlantica del 1941.

Votarono a favore 48 membri su 58. Nessun paese si dichiarò contrario. Tuttavia, fin dall’inizio del dibattito, emersero diverse criticità. Diversità di storie nazionali, sistemi filosofici ed economici ostacolarono il tentativo di trovare un comune denominatore e l’applicazione della dichiarazione da parte di alcuni Stati. L’approvazione della versione definitiva della dichiarazione vide l’astensione di otto Stati ed incontrò forti riserve da parte di altri Paesi.

Questo documento è la base di molte delle conquiste civili del XX secolo e doveva essere applicato in tutti gli stati membri. Alcuni esperti di diritto hanno sostenuto che questa dichiarazione sia divenuta vincolante come parte del diritto internazionale consuetudinario venendo continuamente citata da oltre 50 anni in tutti i paesi.

Il dibattito

Tra gli astenuti vi fu il Sud Africa. La posizione di questo Stato può essere attribuita al tentativo di proteggere il sistema dell’Apartheid, che violava chiaramente diversi articoli della dichiarazione.

Altro Stato ad astenersi fu l’Unione Sovietica. Nel corso del dibattito, durante la Sessione del gennaio 1947, i rappresentanti di Stato discussero delle libertà di parola, riunione, associazione e stampa (futuri articoli 19 e 20). In questa occasione emerse come il sistema sovietico, così come la sua Costituzione di recente approvazione, prevedessero libertà di espressione solo in conformità con gli interessi dei lavoratori e per rafforzare il sistema. Altra criticità era rappresentata dalla libertà di culto (futuro articolo 18); nel sistema socialista, comunità religiose e Chiese erano osteggiate, la dottrina marxista rifiutava la credenza nel soprannaturale.

Scarsamente rappresentato nell’Assemblea fu il mondo arabo musulmano. Solo una parte dei Paesi arabo-musulmani si oppose alla dichiarazione e oggi non mancano intellettuali che affermano l’esigenza di un nuovo islam aperto al dialogo con le altre culture, tuttavia tutti gli Stati membri dell’OCI e del Consiglio islamico d’Europa, hanno sviluppato dichiarazioni (tra le quali la Dichiarazione islamica dei diritti dell’uomo) che spesso esprimono posizioni distanti dalla cultura vigente a livello internazionale. Il problema sorse principalmente dal fatto che mentre nella Dichiarazione il fondamento del diritto era rappresentato dall’uomo, nel diritto musulmano il solo legittimato a regolare i rapporti tra gli individui era Allah. [3] L’Arabia Saudita non sottoscrisse il documento e fornì delle motivazioni. Il raggiungimento di un accordo sulla dichiarazione, nel ’48 fu ostacolato da due fattori: il dissenso su alcuni capisaldi (principio di uguaglianza, libertà di coscienza e di contrarre matrimonio) e la diversa natura dei sistemi di diritto. In particolare, oggetto di dibattito furono l’articolo 16 (che stabiliva la libertà di contrarre matrimonio senza limitazioni religiose) e l’articolo 18 (sulla libertà di culto), entrambi in contrasto con la legge islamica.

Nonostante l’adesione alla dichiarazione della Cina, una delle figure di spicco nel dibattito sui diritti, il filosofo Chung-Shu Lo, sosteneva che una completa condivisione dei principi fosse ostacolata dal diverso concetto etico delle relazioni sociali e politiche. I rapporti umani a fondamento della convivenza cinese si basavano sul dovere nei confronti del prossimo piuttosto che sulla rivendicazione di diritti soggettivi. Chung-Shu Lo propose una sua versione della Dichiarazione. Il primo diritto dell’uomo era quello di vivere. In linea con la filosofia confuciana e la dottrina comunista, Chun-Shu Lo affermava che il riconoscimento di un diritto ad un individuo doveva essere bilanciato da un dovere verso la società. L’uomo doveva vivere con un senso di dignità contribuendo al benessere e al progresso della società, e a questo scopo doveva godere di un diritto all’auto-espressione. Il filosofo sosteneva che la vita non dovesse essere solo decorosa ma anche intimamente piacevole; la soddisfazione psicologica determinava una serenità interiore, condizione necessaria per la pace del mondo. [4]

A causa delle controversie emerse dal dibattito, diversi autori considerano la dichiarazione eurocentrica. Sebbene le controversie attorno ad essa siano andate a scemare con il progressivo avanzare, negli anni, della cultura occidentale nel resto del mondo, il dibattito filosofico rimane tutt’oggi acceso. Il filosofo Costanzo Preve sostiene che la pretesa di universalismo delle dichiarazioni sfoci nell’istituzione di una nuova religione dei diritti umani. Con la copertura di questa religione il sistema capitalistico neoliberale giustificherebbe interventi militari finalizzati alla mondializzazione a discapito della sovranità dei popoli e delle nazioni. [5] Similmente, Giacomo Marramao analizza l’articolo 6, che enuncia il diritto al riconoscimento della propria personalità in ogni luogo, indipendentemente dallo Stato territoriale sovrano in cui ci si trova e nota come esso comporti una controversa deterritorializzazione del Diritto. Marramao intravede anche una componente dinamica, di realizzazione storica della dichiarazione, che si esplicita nell’articolo 28: “ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati”. In sinergia con la narrativa basata sulla metafora del costrutto selvaggi-vittime-salvatori su cui la dichiarazione si fonda, questo articolo ne renderebbe il discorso unidirezionale e predeterminato. [6]

I due Covenants del 1966

Dopo la fine della seconda guerra mondiale ad essa sono poi seguite la Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, elaborate dalla Commissione per i Diritti Umani ed entrambe adottate all’unanimità dall’ONU il 16 dicembre 1966.

Conseguenze europee

Ha costituito l’orizzonte ideale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, confluita poi nel 2004 nella Costituzione europea. Il testo della Costituzione Europea non è mai entrato in vigore per via della sua mancata ratifica da parte di alcuni Stati membri (Francia e Paesi Bassi a seguito della maggioranza dei no al relativo referendum), ma la Dichiarazione in ambito europeo costituisce comunque una fonte di ispirazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea proclamata per la prima volta a Nizza il 7 dicembre 2000, ed avente oggi anche pieno valore legale vincolante per i Paesi UE dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona il 1º dicembre 2009 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea quale parte integrante della Costituzione europea.

Descrizione

La Dichiarazione fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite insieme al suo stesso Statuto.

Secondo alcuni paesi non democratici membri dell’ONU, la Dichiarazione non è vincolante per i membri dell’organizzazione mentre secondo altri i diritti e le libertà in essa riconosciuti possiedono un valore giuridico autonomo nell’ambito della comunità internazionale e recepiti dalla maggior parte delle nazioni. Questo codice etico di importanza storica fondamentale è stato il primo documento a sancire universalmente (cioè in ogni parte del mondo) i diritti che spettano all’essere umano.

La Dichiarazione è composta da un preambolo e da 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. I diritti dell’individuo vanno quindi suddivisi in due grandi aree: i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali.

La Dichiarazione può essere suddivisa in 7 argomenti:

  1. Il preambolo enuncia le cause storiche e sociali che hanno portato alla necessità della stesura della Dichiarazione;
  2. Gli articoli 1-2 stabiliscono i concetti basilari di libertà ed eguaglianza;
  3. Gli articoli 3-11 stabiliscono altri diritti individuali;
  4. Gli articoli 12-17 stabiliscono i diritti dell’individuo nei confronti della comunità;
  5. Gli articoli 18-21 sanciscono le libertà fondamentali (libertà di pensiero, di opinione, di fede religiosa e di coscienza, di parola e di associazione pacifica);
  6. Gli articoli 22-27 sanciscono i diritti economici, sociali e culturali;
  7. I conclusivi articoli 28-30 definiscono aspetti generali ed ambiti in cui non possono essere applicati, in particolare che non possano essere usati contro i principi ispiratori della dichiarazione stessa.

Paesi firmatari

La Dichiarazione universale dei diritti umani venne votata dall’assemblea formata in quel momento da 58 paesi.[nota 1]

Per diritti umani si intendono quei diritti riconosciuti all’uomo semplicemente in base alla sua appartenenza al genere umano. Nonostante l’idea di diritti umani risalga a tempi antichi, il concetto moderno è emerso soltanto dopo la Seconda Guerra Mondiale con l’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani (Dudu) nel 1948 da parte delle Nazioni Unite.

Gli orrori della Seconda Guerra Mondiale, la morte di oltre 50 milioni di persone e lo sterminio del popolo ebraico resero necessaria la creazione di uno strumento in grado di salvaguardare i diritti fondamentali e la dignità di ciascun individuo senza distinzione «di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione» (art. 1 della Dudu).

Come affermato dalla Commissione dei Diritti Umani, incaricata di redigere la Dichiarazione, il valore dei diritti umani si estende ben oltre le tradizioni occidentali e la tutela di tali diritti deve essere garantita a prescindere dal contesto in cui ci si trovi, che sia esso culturale, religioso o di qualunque altro tipo.

Dichiarazione universale dei diritti umani

Nella Dudu si possono individuare quattro fondamentali pilastri: dignità, libertà, uguaglianza e fratellanza. La dignità protegge i valori condivisi da tutti gli individui indipendentemente dalle differenze di religione, etnia o sesso. La libertà si riferisce ai diritti legati alla libertà individuale ed alla sicurezza personale. L’uguaglianza è intesa a garantire la partecipazione politica e pubblica di tutti gli individui. La fratellanza, infine, si riferisce ai diritti economici, sociali e culturali.

Sebbene la Dichiarazione universale dei diritti umani non sia uno strumento giuridicamente vincolante, essa svolge comunque un importante ruolo morale. Ha costituito, infatti, il modello per l’adozione dei successivi trattati a livello nazionale, internazionale e regionale.

A distanza di pochi anni dall’adozione della Dichiarazione universale, gli Stati tornarono a riunirsi per discutere l’ulteriore codificazione dei diritti umani, per specificarne il contenuto e prevederne una tutela obbligatoria. Si rivelò presto difficile conciliare le differenti esigenze dei vari Stati e, nel 1966, vennero adottati due diversi patti, anziché uno solo, poi entrati in vigore nel 1976: il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti economici sociali e culturali.

I primi due articoli di entrambi i patti riconoscono il diritto di autodeterminazione dei popoli e proibiscono ogni forma di discriminazione in base a sesso, razza, religione, lingua od opinione.

La differenza principale tra i due patti riguarda, da un lato, la natura dei diritti tutelati in ciascuno e, dall’altro, l’applicazione e la protezione di tali diritti: per il patto sui diritti civili e politici, la protezione doveva essere garantita immediatamente, mentre il patto sui diritti economici, sociali e culturali lascia spazio ad un’applicazione progressiva dei diritti elencati.

Storia dei diritti umani: tre generazioni dal 1789 a oggi

Ad oggi, è possibile individuare un’evoluzione storica del concetto di diritti umani e dividere gli stessi in tre diverse categorie o “generazioni di diritti”.

La prima generazione di diritti umani. I diritti umani di prima generazione risalgono alla Rivoluzione Francese, più in particolare alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Si tratta di diritti civili e politici che proteggono l’autonomia personale dall’ingerenza dello Stato e garantiscono la partecipazione degli individui alla vita ed alle decisioni politiche dello Stato.

Tra i diritti civili troviamo la libertà di opinione, la libertà di stampa, libertà di espressione, uguaglianza davanti alla legge e diritto alla sicurezza personale.

Dall’altro lato, i diritti politici mirano a garantire l’equa partecipazione dei cittadini alla vita politica e alla gestione del potere da parte della pubblica amministrazione. Tali diritti sono stati recepiti dalla Dudu e dal Patto sui diritti civili e politici, nei quali vengono espressamente tutelati i diritti alla vita, alla privacy e al giusto processo e vengono proibiti i lavori forzati, la schiavitù, la tortura ed altre forme di sfruttamento. Il Patto protegge inoltre i diritti di proprietà e alcune libertà fondamentali, quali la libertà di espressione e di religione e il diritto allo svolgimento di libere elezioni.

Diritti economici, sociali, culturali: la nuova definizioneI diritti di seconda generazione sono i diritti sociali, economici e culturali e vengono riconosciuti espressamente dal Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali. Tali diritti includono il diritto al lavoro, il diritto di associazione, il diritto all’educazione ed il diritto all’assistenza sociale.

Si tratta di quei diritti che prevedono non più solo obblighi negativi di non ingerenza da parte dello Stato, come quelli di prima generazione, ma anche un intervento attivo da parte dello Stato stesso tramite legislazioni specifiche al fine di garantire il godimento di uguali diritti a tutti i cittadini.

Donne, Lgbt, bimbi, indigeni, rifugiati: diritti e collettività

I diritti umani di terza generazione, riguardanti la collettività e la solidarietà sociale, si sono sviluppati solo recentemente. Questi comprendono i diritti che proteggono le categorie vulnerabili, come ad esempio le donne, le persone LGBTQI+, i bambini, le popolazioni indigene, i rifugiati ed i migranti, oltre al diritto alla pace, allo sviluppo, all’assistenza umanitaria ed alla protezione dell’ambiente.

La tutela prevista da questa categoria di diritti non riguarda i singoli individui, ma è diretta alla collettività e richiede non solo un ruolo attivo da parte dello Stato, ma anche una “discriminazione positiva” dei diritti di prima generazione. Un esempio potrebbe essere quello di imporre un limite alla libertà di espressione quando questa si manifesta attraverso discorsi di incitamento all’odio verso determinate minoranze.

Diritti umani e diritto internazionale: le convenzioni Onu

A livello internazionale, i diritti di terza generazione sono protetti da diverse convenzioni quali la Convenzione internazionale sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale (1965), la Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (1979), la Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti(1984), la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza(1989), la Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie (1990) e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità(2006).

Il tema dei diritti umani tra Carte e Corti regionali

L’ultimo stadio nell’evoluzione della tutela dei diritti umani si è avuto con la nascita di una serie di strumenti regionali di tutela, i quali prevedevano la costituzione di corti con competenza a ricevere anche ricorsi individuali. In Europa venne istituita la Corte europea dei diritti dell’uomo, nel 1959, che si occupa di garantire il rispetto e l’applicazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950.

Successivamente, nel 1969, fu adottata la Convenzione americana dei diritti umani, che portò nello stesso anno alla costituzione della Corte interamericana dei diritti umani ed infine, nel 1981, la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli e la relativa Corte africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Per quanto riguarda gli Stati arabi, solo recentemente (2004) è stata adottata la Carta araba dei diritti dell’uomo, da parte della Lega degli Stati arabi, la quale, tuttavia, non prevede meccanismi vincolanti per gli Stati partecipanti.

Lotta al terrorismo e diritti umani violati

Sebbene gli strumenti a tutela dei diritti umani esistano in gran numero, le violazioni restano numerose, non solo da parte di regimi autoritari e dittature, ma anche da parte degli Stati cosiddetti “democratici”. Molti Stati approfittano del fatto che i meccanismi di monitoraggio sono difficili da mettere in pratica in varie parti del mondo. Soprattutto negli ultimi anni, con l’avvento della guerra al terrorismo, le violazioni dei diritti umani vengono giustificate in base ad esigenze di sicurezza nazionale.

Tuttavia la Dudu e gli altri trattati internazionali rimangono strumenti molto utili per la loro forza persuasiva, in quanto permettono alla comunità internazionale ed ai singoli di pretendere il riconoscimento dei diritti e della dignità umana all’interno di ciascuno Stato.

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI

Articolo 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Articolo 2

1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.
2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico internazionale del paese o del territorio sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

.Articolo 3

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

Articolo 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.

Articolo 5

Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizioni crudeli, inumane o degradanti.
Articolo 6

Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica.

Articolo 7

Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.

Articolo 8

Ogni individuo ha diritto ad un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali nazionali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla costituzione o dalla legge.

Articolo 9

Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato.

Articolo 10

Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri nonché della fondatezza di ogni accusa penale gli venga rivolta.

Articolo 11

1) Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata provata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa.

2) Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà deI pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso.

Articolo 12

Nessun individuo potrà essere sottoposto ad interferenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesioni del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.

Articolo 13

1) Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato.
2) Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese.

Articolo 14

1 ) Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni.
2) Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.

Articolo 15

1) Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

Articolo 16

1) Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento.

2) Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi.
3) La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato.

Articolo 17

1) Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri.
2) Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà.

Articolo 18

Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.

Articolo 19

Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.

Articolo 20

1) Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica.

2) Nessuno può essere costretto a far parte di un’associazione.


Articolo 21

1) Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti.

2) Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese.
3) La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve sere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.


Articolo 22

Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione, attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale ed in rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici sociali e culturali indispensabili alla sua dignità ed al libero sviluppo della sua personalità.

Articolo 23

1) Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro ed alla protezione contro la disoccupazione.

2) Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto ad eguale retribuzione per eguale lavoro.
3) Ogni individuo che lavora ha diritto ad una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana ed integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale.

4) Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi.

Articolo 24

Ogni individuo ha diritto al riposo ed allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite.


Articolo 25

1) Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà.

2) La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza. Tutti i bambini nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale.

Articolo 26

1) Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

2) L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

3) I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Articolo 27

1) Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici.

2) Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.


Articolo 28

Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possano essere pienamente realizzati

Articolo 29

1 ) Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità.

2) Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e rispetto dei diritti e delle libertà degli altri e per soddisfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica.

3) Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite.

Articolo 30

Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuni dei diritti e delle libertà in essa enunciati.

l Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è un organismo delle Nazioni Unite (UNHRC, in inglese United Nations Human Rights Council), con sede a Ginevra; organo sussidiario dell’Assemblea generale, lavora a stretto contatto con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani. Dal 15 marzo 2006 ha sostituito la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite. Il Consiglio per i diritti umani costituisce uno dei tre organi per i diritti umani basati sulla Carta delle Nazioni Unite, assieme all’Esame Periodico Universale e alle Procedure Speciali.

Storia

Il Consiglio è stato istituito il 15 marzo 2006 con la risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale, approvata con 170 voti a favore, 4 contrari (Stati Uniti, Isole Marshall, Palau, Israele) e 3 astensioni (Bielorussia, Iran e Venezuela).

Il Consiglio sostituisce, come organo di simile competenza ma dal potere decisionale più forte, la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, istituita dal Consiglio economico e sociale nel 1946.

È composto da 47 Stati, eletti a scrutinio segreto dall’Assemblea generale a maggioranza dei suoi membri. Come in altri organismi dell’ONU, si applica il principio dell’equa ripartizione geografica; in questo caso, 13 Stati sono africani, 13 asiatici, 8 latino-americani, 6 est-europei, 7 europei occidentali e altri. I membri restano in carica tre anni e non sono rieleggibili. Al fine di assicurare un rinnovo periodico, nella prima composizione del Consiglio tredici Stati sono stati sorteggiati per essere sostituiti dopo un anno, e quattordici dopo due anni.

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo evidenzia come la parità di condizioni debba essere assicurata a tutti, senza differenza alcuna, ma le vicende storiche testimoniano come tale condizione sia stata spesso negata e come anche adesso vi siano dei luoghi della Terra in cui parità e uguaglianza sono semplici utopie. La donna è stata ed è ancora oggetto di discriminazioni. Per tali ragioni risulta utile effettuare una breve ricognizione che illustri tale stato di cose.

L’unica linea guida nella scelta dei membri indicata dalla risoluzione istitutiva è che i “membri eletti al consiglio devono affermare i più alti livelli nella promozione e protezione dei diritti umani”[1].

Mandato

Il mandato del consiglio è quello di supervisionare il rispetto e le violazioni dei diritti umani in tutti gli stati aderenti alle Nazioni Unite (anche quelli che hanno votato contro la creazione del Consiglio), e informare l’opinione pubblica mondiale dello stato dei diritti umani nel mondo.

Il consiglio può contare su 29 rappresentanti che si occupano di verificare la violazione di ciascuno dei diritti umani.

Il consiglio, qualora ravvisasse violazioni dei diritti umani in un paese, può aprire le cosiddette “procedure speciali”: l’apertura di una “procedura speciale” può essere richiesta da uno Stato membro o su segnalazione di un’organizzazione per il rispetto dei diritti umani; il consiglio delibera a maggioranza se si debba aprire o meno la procedura. Se viene aperta la procedura, un pool di esperti guidato da un rappresentante del consiglio si reca di persona nell’area interessata per verificare il rispetto dei diritti umani e le eventuali violazioni, per poi riferirne al Consiglio.

Il consiglio a maggioranza decide in base al rapporto fornito se si è verificata una violazione dei diritti umani, e può imporre con una risoluzione il ripristino dei diritti umani violati.

Va però precisato che la risoluzione non è vincolante, ed il consiglio non può imporre un embargo per la violazione dei diritti umani.

Attualmente gli stati contro i quali è stata aperta una “procedura speciale ” sono 10: Birmania, Burundi, Cambogia, Congo, Corea del Nord, Haiti, Israele, Somalia, Sudan ed Uzbekistan.

Il 30 giugno 2006 il consiglio, per la prima volta dalla sua creazione, ha ravvisato la violazione dei diritti umani da parte dello Stato di Israele nell’occupazione dei territori palestinesi.

Il Consiglio dei diritti umani, alla conclusione del suo quinto periodo di sessioni, a Ginevra, ha deciso di interrompere l’incarico della denominata rappresentante personale dell’alta commissaria dei diritti umani per Cuba.

INDICE Dichiarazione Universale dei diritti umani

  1. Gli articoli 1-2 i concetti basilari di libertà ed eguaglianza;
  1. Gli articoli 3-11 altri diritti individuali;
  2. Gli articoli 12-17 i diritti dell’individuo nei confronti della comunità;
  3. Gli articoli 18-21 le libertà fondamentali (libertà di pensiero, di opinione, di fede religiosa e di coscienza, di parola e di associazione pacifica);
  4. Gli articoli 22-27 i diritti economici, sociali e culturali;
  5. Gli articoli 28-30 definiscono aspetti generali.