All’arme legale

Succede qui, in Italia. Legalità. Ma di che parli? Prelevando a caso negli ultimi due anni.

Rappresentazione  De Magistris. Atto 232001.
È fin troppo noto (ai pochi non fuggenti) che il P.M. De Magistris, in quel di Catanzaro, ha investigato – mesi orsono –  nel magma della diffusissima corruzione, fenomeno che, oltre ad investire, trasversalmente, tutti gli ambienti, è un collante formidabile, il più delle volte tacitamente steso con una infinità di pennelli, e quindi a più e più mani.
Viene anche chiamato industrializzazione del crimine. Magistrati di rango e non, politici di ogni taglia e fattura, imprenditori con storie amorali e senza scrupoli; rappresentanti di istituzioni che fanno da sponda coagendo, sono stati portati al pubblico (spero) ludibrio.
Il Dr. De Magistris è stato subito calmato e trasferito. Dagli stessi suoi colleghi, titolari di tale potere.

Rappresentazione. Atto 232002.
Il dottore, ormai non più requirente, non ci sta. Percorre tutte le tappe endoprocessuali, per così dire, ma i suoi colleghi, seduti su scranni più alti e robusti, rigettano, con rigido cipiglio,  i suoi reclami.
E così, come un comune cittadino, denuncia alla Procura della Repubblica di Salerno, unica competente a ricevere le sue querele/denuncie, i fatti (ed i responsabili di questi) di cui si ritiene vittima. A questa Procura si rivolgono anche (per la dedotta competenza) alcuni illustri suoi indagati: Magistrati, burocrati, imprenditori, politici. Tutti di rilievo (rilievo perché detentori di potere).

Rappresentazione. Atto 232003.
I Magistrati di Salerno, inquirenti e giudicanti; e dunque nell’unica sede, istituzionalmente deputata, riconoscono infondate le denuncie degli investigati indagati e quindi, specularmente, corretto, il comportamento e gli atti del P.M. De Magistris.

Rappresentazione. Atto 233004.
Nell’ambito delle indagini, a seguito degli esposti di De Magistris. Il Procuratore Capo della Repubblica (sempre di Salerno) Dr. Apicella, con i delegati P.M. Nuzzi e Varesani, assunto che da Catanzaro non consegnano, a ciò obbligati, documenti vari, nonostante ripetuti inviti e diffide (ben sette) per circa un anno, dispone il sequestro (fatto mai accaduto) dei documenti richiesti presso gli inquirenti di Catanzaro.
Gli altissimi, di grado e funzione, degli uffici giudiziari di Catanzaro, invece di ricorrere, appunto con i reclami endoprocessuali, come il comune cittadino, dispongono deliberatamente, privi di ogni potere, non sorretti cioè da alcuna norma, il contro sequestro dei documenti.

Rappresentazione. Atto 232005.
Da un lato, scandalo di spaventose dimensioni, da altro, conferma che, anche se  pochi, vi sono, dappertutto. Magistrati corrottissimi e, da altro lato ancora, fatto di una gravità ancora più estrema e, forse, ormai definitiva, quanto a soglia, i Magistrati di Catanzaro coscientemente, deliberatamente, impudentemente, si autosequestrano i documenti, al fine, si assume da più parti,  di paralizzare il sequestro di Salerno.
Rappresentazione. Atto 232006.
Mosse e contromosse sullo scacchiere politico, su quello della Magistratura e su quello delle altre istituzioni,  il tutto attraversa il filtro/ottica degli opinionisti di spessore; infatti, essi non si smuovono e caracollano dalla carta ai salotti-video, forti, robusti e sicuri per l’appartenenza, comunque, al potere e  per i conseguenti benefici economici, molto congrui,  li che li sottrae agli angosciosi morsi delle ore 13 e delle ore 21 che, di solito, banalizzano la vita del singolo componente del gregge che pascola l’Italica terra.
La mossa prima  ed inderogabile, tattica e strategica nello stesso tempo, quindi raffinato concepimento, è: state calmi, si tratta solo di “guerra tra bande”. Tanto affermano, più volte, un segretario politico ed anche altri del Palazzo.
Altra mossa, l’intervento deciso ed autorevolissimo proveniente dal competente, che più competente non si può, e cioè dal Consiglio Superiore della Magistratura che governa appunto i Magistrati nell’ambito dell’ordinamento giudiziario. Si tratta di un intervento immediato e cautelare. Appunto: cautelare, Apicella (salvi i suoi diritti di impugnativa) viene sospeso dal ruolo e dall’assegno cioè lo stipendio, i due P.M. Nuzzi e Varesani, allontanati dalla sede e dalle funzioni (sempre cautelarmente).
Ricordo che si tratta del sequestro di documenti relativi alle indagini eseguite dal P.M. De Magistris. I requirenti di Catanzaro, ma solo alcuni, vengono, sempre cautelarmente, allontanati dalla sede e dalle funzioni ma non vengono allontanati i P.M. Salvatore Curcio e Domenico De Lorenzo. No. Essi continueranno ad investigare ciò che investigava De Magistris.
È vero, alcuni documenti saranno cogniti (un giorno) dai futuri P.M. salernitani, allorquando incaricati e dopo che avranno, a loro volta, studiati gli atti. Tantissimi.
Un giorno.
Però, prima di questo provvedimento emesso il 19.01.2009 dal CSM….
Il Tribunale del riesame di Salerno, in data 9.01.09, unico a ius dicere sulla legittimità degli atti e modalità del sequestro, quale disposto ed eseguito, Tribunale al quale si erano, appunto, rivolti gli inquisiti di Catanzaro (deflagrazione non riportata da tutta la stampa) nel contempo ha emesso ordinanza, rigettando le richieste degli inquisiti, salvo una richiesta del tutto marginale, sancendo così la legittimità e legalità dei Magistrati Salernitani.
Il CSM ignora il competente Tribunale del Riesame, ed indifferente a tutte le norme, anche costituzionali vigenti, infligge, sempre cautelarmente, le ingiuste sanzioni.
Nel frattempo sono insorti ben 25 magistrati (quasi tutti) del Tribunale di Salerno i quali  hanno steso e sottoscritto un documento che definire allarmante sarebbe eufemistico.
Nel frattempo sono insorti ben 25 magistrati (quasi tutti) del Tribunale di Salerno i quali  hanno steso e sottoscritto un documento che definire allarmante sarebbe eufemistico.
Nel frattempo sono insorti ben 25 magistrati (quasi tutti) del Tribunale di Salerno i quali  hanno steso e sottoscritto un documento che definire allarmante sarebbe eufemistico.
Ma sono insorte anche numerose associazioni della società civile, e, va detto, anche moltissimi coraggiosi Magistrati. SI SPERA CHE SI LEVI QUANTO PRIMA, ALTA COME AL SOLITO, LA VOCE DELL’INTERA AVVOCATURA ITALIANA, così come si confida nelle reazioni, in tutte le sedi, ordinarie ed amministrative dei Magistrati Salernitani.

Rappresentazione. Atto 232007.
L’attuale Capo dello Stato Repubblicano Italiano, Giorgio Napolitano, è intervenuto tempestivamente il giorno dei sequestri, rectius, il giorno dell’ONTA, chiedendo visione di atti e notizie in merito, invocando saggezza ed equilibrio. Egli, come dice la Costituzione, è il Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura come anche delle forze armate. Il motivo non può sfuggire. Non si è capito, però, se il suo altissimo intervento sia stato da Capo dello Stato o da Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.
Il cittadino, componente del gregge, sconcertato ed intimorito perché non capisce, confida in altro ed alto Suo urgentissimo ulteriore significativo intervento.
Anche, perché, i media, stranamente di accordo, tacciono. Silenzio pesantissimo.

Rappresentazione. Atto 232008.
Sentenza n. 2066/2009 emessa dalla V Sezione Penale della Corte di Cassazione, significativa  –  tratto dal sito: www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_6516.asp – Data:21/01/2009 – Autore: Roberto Cataldi
“La Cassazione mette un freno alle critiche feroci rivolte ai magistrati. Secondo la Corte una critica anche aspra nei confronti dei provvedimenti delle toghe può considerarsi lecita ma non deve mai arrivare all’eccesso con effetti dannosi “per la serenità dei soggetti implicati e la definizione dei procedimenti trattati”. La Corte in particolare si è occupato del caso di due avvocati che avevano inviato al vicepresidente del Csm, al ministero della Giustizia e al presidente del Tribunale di Torre Annunziata un esposto in cui definivano ”odiosi e disumani” i provvedimenti adottati da un magistrato di sorveglianza che aveva negato ad un loro cliente agli arresti domiciliari di partecipare alla veglia funebre per la morte del padre. I due avvocati erano stati condannati in primo grado per diffamazione. In appello, la Corte territoriale, li assolveva dal reato di diffamazione ma ravvisava comunque nella loro condotta gli estremi ”dell’eccesso colposo nell’esercizio del diritto di critica per il superamento del limite della continenza per l’imprudenza dovuta allo stato emotivo”. Contro il provvedimento i due avvocati si sono rivolti a Piazza Cavour sostenendo tra le altre cose che le loro critiche erano rivolte ”all’iniquo provvedimento” e non al magistrato. La Corte (quinta sezione penale, sentenza n. 2066/2009) ha respinto il ricorso sottolineando che ”non c’è dubbio che i provvedimenti giudiziari possono essere oggetto di critica, anche aspra, in ragione della opinabilità degli argomenti che li sorreggono, ma non e’ lecito trasmodare in critiche virulente, concretanti il dileggio di colui che li ha redatti”. Anche perché, spiega la Corte, ”il diritto di critica, proprio per il limite che gli e’ coessenziale, non deve farsi strumento di livore, né tradursi in censura rancorosa, bensì costituire espressione di meditato pensiero, che ne filtri le istintive e facili asperità”. Nella lettera dei due legali, annota la Corte, si criticava il provvedimento del magistrato tacciato come ”odioso, disumano, sconcertante e gratuitamente contrario al senso di umanità”. Queste parole, secondo Piazza Cavour sarebbero andate oltre il diritto di critica con il risultato che un comportamento di questo tipo ”gioverebbe solo ad elevare il tasso di conflittualità nella dialettica processuale, con esiti perniciosi per la serenità dei soggetti implicati e la definizione dei procedimenti trattati”.”

Rappresentazione. Atto 232009.
Sul “Corrierone” abbiamo letto, fino al dicembre 2008, quasi tutti gli articoli – a firma Carlo Vulpio – sulle vicende, squallide ma pericolosissime per la democrazia, accadute nella Patria del Diritto, l’Italica terra, oggetto di indagini di De Magistris note come: a) Indagine Poseidon;  b) Way Not; c) Toghe lucane.
Ne abbiamo apprezzato lo stile, la non faziosità, la pacatezza espositiva ma, e principalmente, la possibilità data al lettore di scindere il fatto dal commento. Analisi rarissima in molti nostrani giornalisti sistemisti, perché completamente integrati nel nostro sistema, ormai termini di paragone in più paesi del mondo, e non solo occidentali. Orbene, quasi tassello di un superiore disegno, potrebbe essere letto da qualche malevolo, l’invito/ordine del Direttore del “Corrierone” (che continuo a comprare) all’ottimo Vulpio di non occuparsi più delle vicende Catanzaresi.
È cosi Carlo Vulpio si è aperto un suo blog (www.Carlovulpio.it) e  non smette di scrivere, e di scrivere bene,  sul contenuto dei tre pentoloni: Wai Not, Poseidon e Toghe lucane e sulle terrificanti azioni arginatorie da parte di taluni pompieri, più che interessati.

Secondo taluni l’alta politica è quella che riesce a meglio realizzare le regole attuative del noto, quanto antico, principio: dividiamo, semper tra noi, e solo tra noi, in porzioni più o meno uguali, la saporita torta (prosaicamente).
 Le raffigurazioni della (prosaica) torta, poi, sono tante: nobili e meno nobili. Gli altri? Quelli non contano. Il popolo, si sa, l’hanno detto, è assente. Non c’è. È impegnato a sopravvivere.
È stata, anche, raffigurata, come sistema di pesi e contrappesi, nel parlamento, nel governo, nell’amministrazione della giustizia ed, in genere, della cosa pubblica, nelle sue diverse e molteplici estrinsecazioni, in notevolissimo aumento nella odierna società supertecnologica.
Totem Maximo, oggi.
Concretizzazione di tale raffinato, quanto geniale, sistema (costosissimo perché incide moltissimo sulle casse statali) pescando sempre a caso, è il contrappeso conosciuto come Commissione Vigilanza RAI, per mesi su i giornali e così fatta conoscere al laborioso popolo italiano che difetta ma senza sua colpa, va subito detto, della conoscenza, anche superficiale, pure di tale ganglo, rilevante nella deviata funzione di massificazione  del pensiero.
La mortificante (non tale per alcuni importanti pupari politici) pantomima, nemmeno mascherata, ad oggetto la nomina del Presidente, viene recitata, infatti, con estrema e dura indifferenza dell’altrui valutazione (una volta opinione pubblica) perché  “l’altrui” è aduso  obbedir tacendo.
Vi racconto. State a sentire.
La commissione di vigilanza RAI (voi sapete cos’è) è composta da quaranta consiglieri indicati da ciascuna parte politica. Questa della nomina è una fase delicatissima nellascelta tra gli aspiranti alla seggiola, e ciò, in ciascuna forza politica, e poi, questi scelti – ulteriore fase delicata – nella determinazione della percentuale rappresentativa delle forze. E cosi la composizione rispecchia, sempre, le forze politiche tutte (salvo tradimenti).
L’inciucio duemilaotto.
La commissione è stata insediata dai presidenti delle due camere.
I componenti, però, obbedendo,  a discapito del funzionamento, alle direttive dei propri partiti, non raggiungono l’accordo sul nominativo del Presidente (quanti presidenti in giro) che, secondo prassi, dovrebbe essere dell’opposizione.
Si arriva, anche, a barattare un accordo sulla nomina di un componente della Corte Costituzionale. Io cedo qua e tu cedi là.
La vicenda, agghiacciante, è nota. Qualcuno viene meno al tacito accordo per cui la maggioranza che fa? Dopo infinite votazioni a vuoto, nomina presidente un componente appartenente  all’opposizione, cioè il napoletano, anche un po’ caprese,  Riccardo Villari, in quota (si dice così) al PD,  il quale, però, non è quello dal PD indicato e cioè Leoluca Orlando, voluto, fortissimamente voluto, dall’ottimo Di Pietro.
Il PD e l’IDV si sentono fatti fessi perché Villari (medico e senatore oppure senatore e medico), accetta la presidenza e non si dimette subito. Tergiversa. Mena il can per l’aiaLa Finocchiaro si sente offesa. Questo Villari non obbedisce subito e così lei si piglia collera – ma proprio collera – e Villari viene espulso dal PD. Eh si, il PD immantinente riunisce la disciplinare  la quale lo caccia senza indugio.
Villari, che – previdentemente – si era ricoverato dai radicali
, reagisce con il silenzio. Che aplomb!
A questo punto maggioranza ed opposizione si compattano. La maggioranza fa a Villari, questo discorso (più o meno): ascolta Riccardo: l’accordo è stato raggiunto. Abbiamo individuato nel giornalista – ultra ottantenne – Zavoli la persona adatta alla Presidenza.
Tu, per favore, vattene ed in fretta, perché noi abbiamo da fare. Dobbiamo governare.
Villari, invece di menare un solo cane per l’aia, ne mena tre.
 I maggiori (sempre di spessore) esponenti del PDL e del PD, (quelli di quest’ultimo sempre più imbronciati) ordinano ai loro uomini di dimettersi. Però li rassicurano, saranno indicati di nuovo.
E così 37, dico 37, su quaranta componenti, si dimettono. I presidenti di Camera e Senato, onorevoli Fini e Schifani intervengono in modo sempre più pesante e che fanno? Sciolgono la commissione non senza rassicurare, ancora, che i dimissionari saranno rinominati nella futura nuova commissione.
Eh, si! La parola è parola. Non dimentichiamo che siamo in ALTA POLITICA.
E Villari? Villari quale presidente, riconvoca – qualcuno dice mestamente ma solido come una roccia –  i superstiti due componenti e cosi, la commissione falcidiata, residuale nelle persone di Riccardo Villari, Luciano Sardelli,  Marco Beltrandi deliberano (24 gennaio 2009) di ricorrere alla Corte Costituzionale e (forse) anche al TAR…
Un elettricista autodidatta si chiede, e mi chiede: “ma che fine ha fatto il diritto in questa vicenda, proprio qui nella culla del diritto?”
A tale domanda  gli dico: dovrebbero, anzi, devono, rispondere i registi, i protagonisti, i coprotagonisti, le comparse, i portaborse e famigli collegati (sono tanti) di questa incredibile Italica vicenda, che tanto offende noi, quelli del gregge, occupando, essi, senza remore e ritegno, un’Istituzione della Repubblica,  cosi…….semplicemente.