IL FILO ROSSO cap. III e IV

Capitolo III

Il quarto oratore, sempre autorizzato, di circa cinquant’anni, dai modi decisi, senza giacca e senza cravatta, comunque elegante, dopo un veloce saluto, disse di essere stato, per pochi anni, avvocato, ma visto che non aveva alle spalle uno studio paterno, essendo figlio di un impiegato di un’azienda privata e di una casalinga e visto che la carriera professionale si presentava lunga difficile e non remunerativa  non avendo padrini (disse proprio così) si  era dato al commercio senza mai abbandonare, del tutto, il mondo giudiziario e quello del diritto, dal quale era affascinato.

Nel merito dell’argomento /domanda egli aveva le idee chiare. Il discorso, però, non poteva essere limitato, sul tema della Giustizia, alle sole problematiche inerenti “l’interpretazione”, da parte dei Magistrati in genere, di norme. Infatti il suo bagaglio culturale e specifico, sempre coltivato, la sua attività imprenditoriale, il suo impegno associativo in un comitato ambientalistico, gli davano, pieno e qualificato titolo per interloquire. Ma aveva bisogno di molto tempo per esprimersi compiutamente sulla questione Giustizia in Italia. Infatti per lui, l’interpretazione della norma era una parte – sia pure importante – del pericoloso (così disse) problema della giustizia quale oggi viene amministrata, problema che aveva assorbito e continua ad assorbire il suo tempo libero. Si intravede nel futuro, se non interviene un cambiamento, il governo, di fatto, dei magistrati. Tanto affermò e, nel congedarsi, ringraziò l’uditorio ed anticipò che avrebbe, in seguito, posto un argomento più generale, contenente, però, tutti i numerosi profili negativi dell’odierna giustizia. Si scusò, poi, per la necessità imprevista, di doversi allontanare.
L’altro interventore, autorizzato,  infermiere professionale, dipendente di un ospedale pubblico, motivò la sua presenza ed il suo intervento, perché riteneva che tutti i cittadini, di qualsiasi condizione sociale, e qualunque lavoro svolgessero, anche il più umile, dovessero conoscere la Costituzione ed il diritto, nelle elementari nozioni, nonché l’amministrazione della giustizia nei suoi tratti essenziali. Poi aggiunse che,  nei tribunali, è scritto che la giustizia è amministrata in nome del popolo italiano, popolo che viene – però – deliberatamente mantenuto alla larga, non essendosi mai provveduto ad istituire materia specifica, a partire dalle scuole elementari e specificò con un sorriso, che non alludeva a corsi universitari .
Auspicò, quindi, una legge, anche questa, in qualche modo, rivoluzionaria, pensando, egli, che l’ignoranza del popolo fosse stata, da qualcuno o da pochi, sempre voluta. Questo qualcuno è sopravvissuto o si reincarna nel corso dei secoli per poter, proficuamente per lui, gestire il potere. Egli- concluse – non era in grado di dire altro su una questione che avrebbe bisogno di una competenza specifica, questione che, però, lo riguardava come dovrebbe riguardare ogni cittadino consapevole.
Salutò il pubblico e comunicò che non avrebbe perso, compatibilmente con il suo orario di servizio, alcuna seduta. Ritornò poi al suo posto.


Capitolo IV

Al podio, infine, si avvicendò – debitamente autorizzato – un uomo elegante e dai modi decisi . Era ingegnere aereonautico, lavorava in un industria francese e si era laureato negli anni in cui era ufficiale nella polizia di stato. Aveva quarantacinque anni. Per essersi rifiutato, da poliziotto, di far parte di un sistema traversale, che egli riteneva tenere in pugno gli italiani, era stato oggetto di infamanti, varie accuse da parte di un suo potente dirigente e trascinato in tribunale con risibili imputazioni, fatte da alcuni sostituti procuratori della Repubblica che, sistematicamente, si astenevano dall’acquisire prove documentali presso gli uffici di P.S. e prove testimoniali che avrebbero provata la sua innocenza ma, che, nel contempo, avrebbero coinvolto suoi superiori di altissimo grado. Ne sarebbe derivato uno scandalo di notevoli dimensioni.
Le più assurde motivazioni nelle ordinanze di rigetto delle memorie difensive dei suoi legali , da parte del GIP,  del GUP, del tribunale del riesame, della Corte di Appello e della Cassazione. Insomma un’attività difensiva a tutto campo, ma non efficace. Un muro impenetrabile. I provvedimenti di rigetto consistevano in decine di pagine, con motivazioni che richiamavano trent’anni di giurisprudenza, di dottrine comparate, nonché Platone, Cicerone, Montesquieu, Rousseau etc.. ed anche taluni sciamani; oppure consistevano in motivazioni criptiche di appena 10 righe. I suoi tre legali, di città diverse, annichiliti, volevano addirittura cancellarsi dai rispettivi albi professionali. Tra l’altro, caso unico, non si era ancora prevenuti ad una sentenza di primo grado e non  per rinvii dilatori da parte dei suoi avvocati. Ed allora, per verificare la fondatezza dei suoi pensieri per le  strabilianti accuse, ha voluto vedere, da vicino, se fossero fondate certe accuse a taluni magistrati requirenti e giudicanti, di lasciarsi corrompere per danaro o in altro modo per esempio, usando il proprio potere oppure mettendo questo, senza alcuna minima remora, al servizio della propria parte politica per consentirle un agevole sorpasso sulla parte avversaria; ed ancora partecipando a comitati di affari, riducendo la propria attività solo ad inchieste che avrebbero avuto risonanza nazionale ed internazionale, propedeutiche ad un eventuale ingresso in politica; oppure usando il potere fino al mercimonio, talvolta, inerente la nomina degli ausiliari del Giudice, dei consulenti tecnici, dei custodi e dei curatori fallimentari, degli amministratori giudiziari, etc….
Insomma, prosegue, ha voluto verificare in quale modo sia nato, si sia consolidato e si sia affinato il potere del Magistrato. Come sia possibile siffatto modo di amministrare la giustizia in Italia. E così il suo secondo lavoro è stato ed è quello di introdursi nell’ordinamento giudiziario e con i codici a portata di mano. Ecco perché qualunque opinione da parte del cittadino sull’interpretazione della norma e di cui all’art. 12 delle preleggi non può correttamente formarsi se non dopo aver letto, sia pure superficialmente, l’ordinamento giudiziario che è una mirabile articolata giuridica struttura operativa  difensiva ed offensiva .
Ciò detto, anch’egli volendo che si arrivasse ad un ampio dibattito con partecipanti, però, edotti  e, quindi, preparati, si riservò di inviare al gestore un breve elenco delle norme, almeno quelle più determinanti, che costituivano il sistema, generatore del Potere dei Magistrati. Su queste, lette nel loro complesso, si poteva, poi, pervenire ad opinioni, motivandole .
Spento il microfono tornò al suo posto non senza aver ringraziato la platea che aveva seguito, devo dire, con attenzione il suo intervento. Il gestore, nella riunione successiva, telematicamente  – solo così infatti egli operava – comunicò di aver ricevuto dall’ ingegnere aereonautico, già ex ufficiale di P.S, una lunga lettera, contenente, con brevi commenti illustrativi, le norme che dovevano essere oggetto del dibattito; il suo ufficio aveva inviato la lettera a tutti i cittadini interessati, di cui aveva l’elenco, e l’aveva anche pubblicata sul sito per ogni altro interessato.
Riporto le parti essenziali della missiva  quale pubblicata, iniziando dalla premessa, cioè che esiste un  filo rosso che nasce dalla Costituzione del 1948 (ed, ancor prima, dallo statuto Albertino) art. 28, 90, 101,102, 103, 104, 105,106,107,108,109,110, 111, 112 e 113  e poi dalle leggi ordinarie successive e quindi conseguentemente :
a)    non ci sono né dovranno mai esservi giudici straordinari o speciali;
b)    la magistratura costituisce un ordine (non potere) indipendente da ogni altro potere (legislativo ed esecutivo);
c)    Il CSM, presieduto di diritto  dal Presidente della Repubblica, è formato per due terzi da Magistrati Ordinari e da questi stessi eletti e per un terzo composto da avvocati e professori universitari in materie giuridiche, nominati dal parlamento. Durano in carica  4 anni e non sono immediatamente rileggibili. E’ l’autogoverno dei magistrati e quindi delibera assunzioni, trasferimenti, promozioni, congedi, funzioni, sanzioni disciplinari etc…
d)    Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso. Essi sono inamovibili e non sono punibili per le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni.
e)    Le norme sull’ordinamento giudiziario sono emanate con legge .
f)   Al Ministero della Giustizia spetta l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia .
g)  Il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale
Tutte queste norme sono finalizzate ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza del Magistrato. Cuore del sistema democratico, è la Corte Costituzionale, composta da quindici Giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalla Suprema Magistratura Ordinaria ed Amministrativa. I membri della Corte Costituzionale  restano in carica nove anni.
La sentenza /ordinanza emessa spiega efficacia il giorno successivo alla pubblicazione. Il cittadino non ha accesso diretto alla Corte Costituzionale. Far dichiarare la incostituzionalità di una norma/legge  è possibile – per il cittadino – solo nell’ambito di un processo di cui è parte e sempre che il Giudice  innanzi il quale incardinato il giudizio, dichiari la questione sollevata non manifestamente infondata.
I Giudici della corte possono essere rimossi o sospesi soltanto dalla Corte stessa. Godono della immunità più assoluta nell’esercizio delle funzioni.
Inoltre la Corte statuisce sui conflitti tra poteri dello Stato, individuando la sfera di attribuzione di ciascun potere, e, sempre in conformità delle disposizioni Costituzionali, sui conflitti tra regioni, nonché tra regioni e Stato ed ancora  sulle accuse contro il Presidente della Repubblica. Dunque, abbiamo uno Stato democratico, ed una Carta  Costituzionale. In Italia, come in tutti i paesi, democratici e non , la Giustizia è la travata centrale dell’ordinata convivenza civile perché “homo homini lupus”. Attuale più che mai .
Sempre qui da noi il Parlamento fa le leggi; il Governo è il potere esecutivo, i Giudici giudicano.
I procuratori della Repubblica vegliano sull’osservanza delle leggi e perseguono quelli che le violano.
I Giudici, in sede penale, giudicano sulle istanze di parte privata e dei Procuratori della Repubblica. In sede civile giudicano  sulle istanze dei privati e/o delle Istituzioni.
Giudici togati, i Procuratori della Repubblica e  sostituti procuratori  sono circa 10.000 (diecimila).
I giudici di pace circa 5.000 e quelli onorari circa 1000; essi hanno incarico a termine. Non sono “togati” cioè in pianta stabile e vincitori di concorso.
Nel corso degli ultimi decenni, qui, in Italia, a partire dalla “rivoluzione” del 68 si è conosciuto il fenomeno “della supplenza della Magistratura” intesa o meglio, fatta intendere, quale intervento risolutorio di ogni questione in considerazione della inerzia, quando non latitanza, delle istituzioni, e per essere espliciti, dei responsabili delle Istituzioni.
L’invasione di campo,così è stata definita, per il bene dello Stato, ha comportato per i Magistrati un impegno sempre più oneroso, una sempre crescente esposizione, per lo più nel settore penale, e, quindi, veri e reali rischi in termini di vita. Alcuni Magistrati (circa 20) hanno pagato con la vita, altri, quelli più esposti, conducono una esistenza blindata.
Ne è conseguita, per forza di cose, una loro politicizzazione ed un numero rilevante di associazioni private, veri e propri sindacati.
Cercherò di rappresentare – con poche parole – come si è articolata questa forza così come io la definisco.
E’ composta da persone colte ed, alcune, molto colte. Sono, anche, molto preparate nel settore nel quale operano. Vero è che sono facilitate, ovviamente, dagli atti che gli avvocati, altrettanto colti  e preparati, stilano.
E, dunque, questa forza, per essere tale, deve detenere il sapere. Ciò in primis. Ma non basta. Per poter sempre meglio operare e con incidenza, nella e sulla  società, ha dovuto organizzarsi. E si è organizzata.
Queste due legioni di magistrati (prelevando dalla nomenclatura dell’esercito romano) per “amministrare” la Giustizia, nei suoi vari aspetti e settori, hanno avuto in Italia nell’era Repubblicana:
a) Scudi, e sempre in maggior numero nel corso di questi ultimi decenni.
Ma cosa sono gli scudi ? sono, nell’accezione più comune, strutture di rivestimento e protezione. Nel nostro caso: leggi e norme. Ad esempio: l’ordinamento giudiziario, la legge sulle guarentigie, la legge sulla responsabilità civile e disciplinare, la legge sul Consiglio Superiore della Magistratura, etc, norme penali e civili, etc… Insomma una serie notevole di norme, qua e là  disseminate, a mò di mine antinemico.  Tanto per garantire l’indipendenza dei magistrati.
b) Epperò, sempre per una più completa indipendenza, cioè per essere terzi, i Magistrati, oltre alle difese /scudi, hanno avuto anche quelli che io chiamo P.I.C cioè poteri inattaccabili concreti, necessari, si sostiene, per una giurisdizione terza, effettivamente autonoma ed incidente.
Ad esempio :  la nomina del consulente tecnico, discrezionalmente scelto; la nomina del curatore fallimentare; dell’amministratore giudiziario; dell’esperto; del custode e via dicendo.
La presenza nelle commissioni di esami per l’abilitazione all’avvocatura e la non presenza degli avvocati nei Consigli Giudiziari  in sede di valutazioni della professionalità del Magistrato.
Il distacco presso Ministeri, in particolare, quello della Giustizia  nonché presso la Presidenza della Repubblica;  presso la Presidenza del Consiglio; presso le Commissioni della Camera e del Senato, etc…
La possibilità per il Magistrato di operare nello stesso Tribunale ove esercitano la professione forense anche suoi parenti ed il consorte magistrato oppure appartenente alla Polizia di Stato, all’arma dei Carabinieri, alla Guardia di Finanza etc.. .
La relazione parere del Magistrato sulle attitudini e capacità dell’aspirante esperto presso il Tribunale dei Minori.
Devo aggiungere, per completezza e per i più giovani , che nel 1987, a seguito di un giusto tornado popolare di cui si fece promotore e gestore l’allora partito radicale, un manipolo di coraggiosi, il popolo italiano, con il referendum, chiese al legislatore di stabilire la responsabilità – personale ovviamente – del Magistrato giudicante /inquirente .
La risposta si ebbe con le due leggi n.117 del 13/4/1988 e n.420 del 2/12/98 che impudentemente disattesero la espressa volontà del popolo. Impudentemente perché, qualcuno disse, il popolo è un gregge. Fortunamente non è così.
Dando, quindi, per scontato che l’ordinamento giudiziario sia ormai stato letto – prosegue l’interventore – anche se non in modo approfondito e che quindi si sa di cosa parliamo e parleremo, nei termini e limiti di cui alla legge “rivoluzionaria”, elenco, in modo sintetico, gli argomenti/ domande con relativa legge o norma.
Ho  tracciato un filo rosso che lega le norme volute, non si può parlare di imposizione, dal sindacato  dei magistrati, conosciuto come associazione nazionale dei magistrati – ANM, alla quale hanno aderito associazioni minori, tutte politicamente e fortemente connotate. Tutte le associazioni  però, inalberano una bandiera – neutra nel colore- su cui è scritto: MAGISTRATO INDIPENDENTE.
Ogni legge o norma che regolamenti la loro prestazione, per così dire, professionale, laddove non gradita, ancorchè su questioni pratiche del tutto marginali  e forse solo fastidiose, ha visto e vede, l’insorgenza furibonda e minacciosa del sindacato che subito inalbera il suggestivo vessillo dell’indipendenza del magistrato. Anche una virgola, se non concordata, può costituire attentato alla indipendenza.
Una legge, poi, che rimoduli le guarentigie, responsabilità, produttività, status, stipendi, indennità etc…, comporta, oltre la reazione dell’ANM, negli ultimi tempi, anche quella del Consiglio Superiore della Magistratura, per le sue competenze istituzionali.
Ex lege è previsto soltanto un parere consultivo del C.S.M. su materie che, strettamente, investono lo svolgersi dell’attività del magistrato. E però gli Italiani sanno che il governo, in diverse occasioni, si è visto notificare  il non richiesto parere dell’ANM anche per profili di costituzionalità, profilo che viene agitato ormai sempre più spesso.
Il filo rosso ha un inizio, ma non se ne intravede la fine. Ogni norma, offensiva o difensiva, è coordinata ed è interdipendente da ogni altra. Così vanno lette.
Le due leggi n.117 e 420 tutelano, quasi del tutto, il Magistrato allorquando presta la sua attività professionale. Ho detto quasi del tutto, perché, nonostante l’attenzione e l’impegno del sindacato ANM, alcune fessure erano rimaste nel sistema difensivo . Dovevano essere dunque chiuse e nel più breve tempo possibile. La riforma dell’ordinamento giudiziario dei Ministri Mastella e Scotti, governo Prodi (2006-2008), è stata massiccia in questo senso . Per capirlo basta seguire il filo rosso e così, senza ulteriore indugio, vado ad elencare scrive l’ingegnere quelli che ritengo siano gli argomenti /domande da dibattere, richiamando la relativa normativa che si rinviene sul sito www.cameradigiustizia.com.