La sentenza n. 246745/2017 Sezioni Unite civili: un’impensabile débacle Corte di Cassazione nel negare l’usura sopravvenuta.(Prof. avv. Bruno Spagna Musso (già magistrato e componente Sezioni Unite della Corte di Cassazione)

La sentenza n. 246745/2017 delle Sezioni Unite civili: un’impensabile débacle della Corte di Cassazione nel negare l’usura sopravvenuta.

Con tale sentenza la Corte di Cassazione ha in data 19.10.2017 così statuito:

“allorchè il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto”.

Riteniamo assolutamente non condivisibile detta pronuncia non solo in sé per il sopraenunciato principio di diritto ma anche per le basi giuridico-argomentative su cui si fonda.

E ciò per le seguenti ragioni:

a) deve premettersi che non si inquadra preliminarmente la fattispecie sottoposta all’esame della Suprema Corte (contratto di mutuo decennale tra una società finanziaria e un istituto di credito) nell’ambito della disciplina del consumo di cui al d.lgs. 206 del 2005 applicabile anche a soggetti configuranti non in senso stretto una persona fisica-consumatore ma comunque un “contraente debole” in quanto non in posizione contrattualmente paritaria nella predisposizione del contenuto contrattuale unilateralmente imposto, quale indubbiamente è un contratto di mutuo bancario.

b) Pertanto, il punto di partenza da cui muove la decisione in esame, che è quello di considerare “pattuiti” sia il contratto, sia in particolare, la clausola relativa agli interessi, è criticabile perché trascura il rilevante dato che il mutuo bancario rientra in fattispecie contrattuali per così dire “imposte”, tali da rendere impossibile l’individuazione di un accordo in senso tecnico-civilistico.

c) Parimenti non soddisfacente appare la “lettura” della legge di interpretazione autentica (art. 1, comma 1, d.l. n. 394/2000 come convertito dalla legge 24/2001) degli artt. 644 c.p. e 1815, comma 2, c.c., come modificati dalla legge n. 108/2006, in quanto, a parte la considerazione che di detta legge interpretativa sono state fornite valutazioni diverse da parte di altre sentenze della Cassazione (che hanno poi appunto dato luogo al contrasto giurisprudenziale risolto dalla sentenza in esame) è da considerare sia che l’articolo 644 c.p. prevede che il reato viene commesso da chiunque si fa dare e non solo promettere interessi o altri vantaggi usurai e, a sua volta, la legge 24/2001 non fa altro che chiarire che la usurarietà del contratto deriva dalla pattuizione a prescindere (indipendentemente) dalla dazione, senza escludere affatto che il pagamento abbia comunque rilevanza.

d) Non sembra ancora cogliere la decisione in esame l’esatta portata della sentenza della Corte Costituzionale n. 29 del 2002 che, nel ristretto ambito di un giudizio di legittimità costituzionale della richiamata legge di interpretazione autentica, fa comunque salvi gli ulteriori strumenti di tutela civilisticamente rilevanti (di cui parleremo in seguito) come anche della sentenza della Cassazione penale n. 8353/2012 che non nega affatto l’usura sopravvenuta ma sostiene che il reato di usura può ritenersi consumato non solo nel momento della pattuizione ma anche del pagamento.

e) In contrasto, poi, con almeno vent’anni di evoluzione giurisprudenziale è l’affermazione finale secondo cui l’usura sopravvenuta non dà di per sé luogo alla violazione del dovere di correttezza (buona fede in senso oggettivo), ex art. 1375 c.c., in sede di esecuzione del contratto; si trascura, infatti, il rilevante dato che il principio di buona fede, espressione civilistica della solidarietà costituzionale ex art. 2 Cost., è “clausola generale” del nostro ordinamento, configura dovere primario nell’ambito dei rapporti civilistici e non può certo dirsi insussistente se un istituto bancario, senza tra l’altro correttamente informare il cliente, diventa creditore di interessi usurari e continua a percepirli (sul punto, inoltre, nella pronuncia la violazione di buona fede viene unicamente collegata ad una eventuale ipotesi di nullità della clausola, comunque esclusa, e non si valuta l’ulteriore aspetto che la stessa, come più volte affermato dalla stessa Cassazione, è fonte autonoma di risarcimento danni).

f) Non è dato comprendere il sotteso argomento di fondo che tiene distinti i piani del reato penale e dell’illecito civile; in proposito possiamo affermare, sulla base della cultura giuridica espressa dal nostro ordinamento, che, tutt’al più, non sempre sussiste collimanza tra illecito civile e fattispecie penalisticamenterilevanti ma sembra piuttosto ardito sostenere che ciò che configura un reato (vale a dire fattispecie per cui sussiste lo iuspuniendi dello Stato) non configuri l’antigiuricità quale elemento costitutivo dell’illecito civile.

g) Ancora, le Sezioni Unite, statuendo nel modo suddetto, consentono che una fattispecie contrattuale così detta a prestazioni corrispettive (pur se priva di accordo in senso tecnico ma contrattualmente imposta da un “contraente forte”), eventualmente tutelabile con il rimedio della risoluzione per eccessiva onerositàsopravvenuta, diventi un contratto aleatorio (unilaterale, nel senso che l’alea o rischio ricade solo sul contraente debole), in un’area disciplinare del diritto civile del tutto a sé stante.

h) Infine, sorprende, che le Sezioni Unite si pronuncino a favore della non configurabilità dell’usura sopravvenuta, non solo per i contratti antecedenti la legge 108 del 1996 (in cui rientra il caso sottoposto dal loro esame) ma, con un evidente obiter, anche per quelli “successivi”.

In definitiva, come detto, le Sezioni Unite sembrano trascurare, in favore dell’usura sopravvenuta, rilevanti dati della dottrina, dellagiurisprudenza e della legge in generale oltre che, in particolare,delle norme costituzionali ex artt. 2, 3 e 47 Cost..

Sarebbe stato auspicabile, come negli anni le stesse Sezioni Unite ci hanno insegnato, una visione notevolmente più ampia della questione, fondata su una interpretazione tale da necessariamente coinvolgere principi costituzionali e letture costituzionali delle norme ordinarie.

Prof. avv. Bruno Spagna Musso

già magistrato e componente Sezioni Unite della Corte di Cassazione

Fonte dell’articolo riportato

http://www.adusbef.it/Consultazione.asp?id=10100