Sofocle e la violenza dello Stato

Sofocle rappresenta il dolore e la frustrazione che derivano dalla violenza che lo Stato e per esso quelli che dovrebbero essere i suoi servitori, esercita sui soggetti rendendoli tutti incapaci di reagire, tutti tranne Antigone, che però pagherà a caro prezzo la sua posizione di antagonismo verso il potere istituzionale.
Antigone non ubbidisce all’ordine del tiranno Creonte, che aveva vietato la sepoltura del di lei fratello, per obbedire a leggi non scritte, divine ed immutabili che garantiscono a tutti, in nome della pietas degna sepoltura; molto spesso l’ingiustizia sociale è creata proprio dall’uomo con le sue leggi.
Tale conflitto è la contrapposizione, come anche Hegel notava, tra due diritti: quello dello Stato(Creonte) e quello del cittadino(Antigone). Il pubblico della tragedia “è invitato a misurare… gli avvenimenti secondo il parametro di un arduo giudizio etico, che oppone due giustizie tanto necessarie quanto conflittuali, sia a chiedersi quale di esse debba prevalere” (Dal Corno).
La persona di Creonte, che non crede realmente nello Stato perché si identifica con esso, ignorando che lo Stato è prima di tutto comunità, incarna quella di tutti coloro che si ritengono arbitri dei sentimenti di tutti e, attraverso l’abuso, viola le leggi della natura macchiandosi del peggiore dei difetti dell’uomo la .
Antigone, colei che accetta “virilmente” il dolore e l’ineluttabilità della condizione umana, è si l’eroina, ma anche la sofferenza, l’incomprensione e la solitudine che inevitabilmente condanna chi decide di combattere l’iniquità mettendosi da solo contro una massa, in questo caso il coro della tragedia, soggiogata dalla volontà del capo.
Questa solitudine è una realtà di tutti i giorni.
La parentesi su Antigone ci porta ad una breve riflessione sul diritto come mezzo fondamentale di difesa di una nazione in quanto composta da uomini, non come mezzo di affermazione di pochi soggetti per scopi che nulla hanno a che vedere con l’interesse comune.
Il regolamento di confini che il diritto costituisce nei rapporti tra i vari individui non è solo di natura negativa, ma ha anche una funzione propulsiva di promozione della vita sociale.
Nel caso di Antigone e Creonte “entrambe le alternative conducono all’errore – allorché l’individuo, bloccato nella solidità eroica della sua visione del mondo, si abbandona all’orgogliosa convinzione di essere la misura esclusiva della realtà, rifiutando di accettare la dialettica che nella prassi comune tempera e regola le antitesi della condizione umana.”(Dal Corno).
Come purtroppo accade anche nella vita la tragedia si produce quando si crea l’impossibilità irriducibile del compromesso.