Intervento dr.ssa Manuela Pinto – Convegno 2007

Buona sera,

innanzi tutto vorrei ringraziare l’associazione Camera di giustizia e tutta la Commissione esaminatrice per aver deciso di premiare il mio elaborato, sono onoratissima di questo e naturalmente tutti voi.

Oggetto di questo convegno, è come abbiamo ampiamente detto la responsabilità civile dei magistrati, una responsabilità che trova fondamento nella L.117/88 meglio nota come legge Vassalli, la quale prevede che “il cittadino che abbia subito un danno ingiusto a causa di un atto doloso o gravemente colposo da parte di un magistrato non possa agire direttamente contro di lui, ma debba invece chiamare in giudizio lo Stato e chiedere ad esso il risarcimento del danno.

Nel caso in cui, poi, il giudizio sia positivo per il cittadino, sarà lo Stato a  rivalersi contro il magistrato che a quel punto dovrà rispondere in prima persona ma  solo – si badi- entro un terzo di annualità dello stipendio.

Questa legge nasce da profonde tensioni e passa attraverso un referendum, quello del  1987 cd. referendum Tortora dal nome del noto giornalista e conduttore televisivo che tutti ricorderanno il quale nel giugno dell’84 fu arrestato con l’accusa di associazione a delinquere di stampo camorristico e condannato a 10 anni di carcere  sulla base di indizi di colpevolezza debolissimi, praticamente inesistenti.

Ammanettato come il peggiore dei criminali, a seguito di tali accuse passò 7 mesi in  carcere, nonostante fosse completamente estraneo a quanto contestatogli e, solo dopo 3 lunghi anni dall’arresto la Corte di Appello di Napoli lo assolse con formula piena.

Purtroppo morì poco dopo a causa di un cancro di cui si ammalò in prigione con la consapevolezza di una reputazione distrutta ed una carriera stroncata.

Ho voluto soffermarmi su tale vicenda, in particolare, per rendere l’idea del clima sociale in cui si svolse il referendum dell’87, che si  proponeva il diritto per il cittadino di chiamare a rispondere direttamente i magistrati per i loro errori, e che ebbe un consenso quasi plebiscitario:l’80% dei cittadini votò “SI”.

Subito dopo però il Parlamento pensò bene di votare la legge Vassalli contraddicendo la volontà popolare e, capovolgendo il principio della responsabilità personale del magistrato, per affermare quello opposto della responsabilità dello Stato.

Quello di Tortora è solo uno dei casi più eclatanti di “mala giustizia” ma centinaia se ne potrebbero fare di esempi in tal senso verificatisi negli ultimi anni: come quello del gennaio 2002, quando un uomo è stato assolto per non aver commesso il fatto dopo aver trascorso 16 mesi in carcere con l’accusa di violenze carnali e lesioni. Oppure l’anno prima, a febbraio, un condannato all’ergastolo con l’accusa di aver ucciso la moglie fu lasciato libero dopo aver trascorso sette anni in carcere, o ancora a giugno dello stesso anno un giovane di 25 anni è stato riconosciuto innocente dopo aver trascorso 6 anni e 4 mesi in carcere, come presunto omicida. Tre casi di clamorosi errori giudiziari nell’arco di soli due anni!

Per non parlare poi degli errori giudiziari relativi ad inchieste sulla pedofilia: tra i casi più famosi ricordiamo quello che vide a Milano un padre accusato di avere violentato il figlio di un anno basandosi su perizie superficiali sull’ano del ragazzino, che poi si scoprì soffrire di un tumore congenito al retto del quale morì; il padre  trattato da mostro e sbattuto in galera non fu mai risarcito così come nessun magistrato pagò. Ed ancora, il clamoroso caso di quella figlia di otto anni che si inventò una violenza subita dal padre e che poi chiese la grazia a Ciampi per il proprio genitore ingiustamente calunniato. Ma la storia più drammatica fu la vicenda umana di don Giorgio Govoni a Finale Emilia; Covoni era un sacerdote che morì di crepacuore il 19 maggio 2000 dopo anni di indagini che non avevano portato a nulla, per un accusa di satanismo e pedofilia.

Certo, sarebbe assolutamente ingiusto, non riconoscere che l’operato dei magistrati è fatto anche e soprattutto (o almeno così ci piace pensare) di eclatanti episodi di giusta applicazione della legge.

Tuttavia, secondo un calcolo compiuto dall’istituto di ricerca nell’arco degli ultimi cinquant’anni sarebbero 4 milioni gli italiani vittime della cd. “giustizia irresponsabile”: dichiarati colpevoli, arrestati e solo dopo un tempo più o meno lungo, rilasciati perché innocenti. Un dato questo che al ministero di Giustizia non confermano, ma che è stato ricavato da un’analisi delle sentenze e delle scarcerazioni per ingiusta detenzione nel corso di cinque decenni.

E allora mi chiedo, e penso ce lo chiediamo in tanti, soprattutto in qualità di cittadini: ma quanti don Giorgio Covoni, Enzo Tortora e tanti altri, devono morire, soprattutto nell’animo, rinunciando a vivere con dignità l’unica vita che abbiamo, a causa di una giustizia, troppo spesso irresponsabile, che dovrebbe proteggerci anziché punirci per colpe inesistenti, colpe che se solo si fosse usata più accuratezza, più “responsabilità” nel verificarle, non si sarebbero dovute pagare!

Cosa fare, dunque, perché si riacquisti credibilità?Cosa possiamo, ma soprattutto dobbiamo chiedere in cambio del nostro voto?  Sono trascorsi vent’anni dalla promulgazione della legge Vassalli, senza che se ne sia registrato un solo caso di applicazione concreta! Se proprio si voleva o doveva mantenere questa forma di responsabilità “privilegiata” e “sussidiaria” del magistrato si sarebbe potuto almeno consentire l’azione contro lo Stato sulla base del solo fatto ingiusto, quindi doloso o colposo, ma colposo in generale a prescindere dal grado della colpa, in tal caso, probabilmente la tutela del danneggiato sarebbe stata più efficace. Infatti, così com’è la legge attualmente, se l‘errore del magistrato non è dovuto a dolo o colpa grave non solo non risponde il magistrato, ma non risponde nemmeno lo Stato.

Tuttavia  segnali che fanno ben sperare in una probabile inversione di tendenza sembrano si possano ravvisare in recenti sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione.

Resta un dato: la legge 117/88 ha fallito; un intervento legislativo si impone, dunque a tutela della giustizia, una giustizia però che sia alla portata del cittadino e non a misura del magistrato, e che sia di esempio che la famosa massima per la quale “chi sbaglia paga”, non valga solo e sempre per il cittadino. Grazie.