Le dis-funzioni della giustizia

La sensibilità e disponibilità dell’Associazione “Camera di Giustizia”, unitamente alla simpatia con cui è stato accolto, da sempre, il punto di vista personale, mi consentono di offrire un contributo a questo primo numero del periodico “Iura Civitatis”. Ciò è stato possibile grazie al fatto che tale progetto editoriale si propone quale utile strumento di approfondimento, giacchè le tematiche che ruotano intorno al mondo della Giustizia Italiana necessitano di un continuo aggiornamento per adeguarle al mutare, imprevedibile, della società.

Ciò nonostante, è bene chiedersi cosa sarebbe una mirabile iniziativa in assenza di altrettanta inefficienza. Sta di fatto che l’indice che esprime con maggiore immediatezza l’inefficienza complessiva della giustizia in Italia è quello della lentezza. Secondo uno studi della Banca Mondial, l’Italia occupa infatti la 155a posizione (su 178 paesi) nella classifica dei processi più lenti; la spesa annua per la Giustizia italiana è di 46 euro per abitante e ci sono 1,39 giudici per ogni 10 mila abitanti, quando invece la media europea è pari allo 0,91. Trattasi di un grave costo sociale, attestabile anche dalle cifre allarmanti esposte lo scorso 25 gennaio dal primo Presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, in occasione dell’innaugurazione dell’Anno Giudiziario. “In Italia servono circa 600 giorni per ottenere una sentenza di divorzio. Per ottenere la fissazione di una udienza civile ci vogliono da 29 a 32 mesi, mentre per le cause penali ce ne vogliono 8. In più, sono circa 5 milioni e mezzo i processi penali pendenti.” Una lentezza che incide in modo considerevole nelle casse dello stato: negli ultimi 5 anni, infatti, il contenzioso con i cittadini è costato 41,5 milioni di euro. A rincarare la dose sono le azioni disciplinari intraprese dalla Procura di Cassazione nei confronti dei magistrati sospettati di aver commesso illeciti ideologici: 135 provvedimenti, il 50% in più rispetto al 2006. In aumento anche le denunce contro le toghe: 1.307 esposti nel 2007 contro i 1.108 del 2006. Pur tuttavia, è il singolo individuo che sembra fare dello stato il suo interlocutore privilegiato, domandandogli di operare in propria vece.

«Oggi è il soggetto che domanda al diritto di risolvere le proprie questioni personal, quelle stesse questioni che finora egli aveva affrontato con mezzi personal, regolandosi secondo la propria competenza, ricorrendo all’aiuto degli altri» Con la tesi di AAVV [La questione laica. Ragione legislatrice freudiana e ordini civili Sic-Sipiel, Milano 1990; Edizioni eBool PDF 2006] è mia intenzione lanciare una pietra nello stagno e approfittarne per augurare a tutta la redazione de “Jura Civitatis” i più sinceri “in bocca al lupo” per una profizua ed efficace attività.