Adozione di minori: no alle discriminazioni

Tema delicato quello affrontato dalla Corte di Cassazione con la sentenza de 1 giugno 2010.
Il principio enunciato è il seguente: in base al principio di non discriminazione “Chi intende adottare un bambino non può sceglierlo in base al colore della pelle” (Cassazione Sezioni Unite Civili n. 13332 del 1 giugno 2010 Pres. Carbone, Rel. San Giorgio).
La decisione a seguito della istanza depositata in data 28 luglio 2009 dal Presidente di Ai.Bi Associazione amici dei bambini, ente autorizzato, ai sensi dell’art. 39-ter della legge 4 maggio 198, n. 184 e succ. modif., a curare la procedura di adozione internazionale. Un decreto di idoneità all’adozione di un minore straniero emesso dal Tribunale per i Minorenni di Catania, conteneva nella  motivazione il riferimento alla dichiarazione degli istanti di non essere disponibili ad accogliere “bambini di pelle scura o diversa da quella tipica europea”,  nel  dispositivo si teneva conto di tale dichiarazione, là dove si dichiarano i coniugi “idonei all’adozione sino a due minori di nazionalità straniera che presenti le caratteristiche risultanti dalla motivazione”.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha rilevato che il provvedimento in questione ha recepito la scelta degli adottanti di non accogliere minori di una particolare etnia, attribuendo rilevanza a dati razziali, in contrasto con principi consolidati nel diritto interno ed internazionale.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso enunciando il seguente principio di diritto “il decreto di idoneità all’adozione pronunciato dal Tribunale per i minorenni ai sensi dell’art. 30 della legge n. 184 del 1983 e succ. modif. non può essere emesso sulla base di riferimenti alla etnia dei minori adottandi, né può contenere indicazioni relative a tale etnia. Ove tali discriminazioni siano espresse dalla coppia di richiedenti, esse vanno apprezzate dal giudice di merito nel quadro della valutazione della idoneità degli stessi alla adozione internazionale”.
Con tale principio – la Corte oltre a riprendere e stigmatizzare tutti i principi contenuti nelle convenzioni internazionali: Convenzione di L’Aja, Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, sottoscritta il 20 novembre 1989, e ratificata in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (art. 24, par. 2) e prima ancora nella Costituzione Italiana: art. 2 della Costituzione, che contiene la previsione ed il riconoscimento generale ed unitario della dignità umana; art. 3, che afferma il valore della pari dignità sociale e della uguaglianza di tutti davanti alla legge: principio che, continua la suprema corte, “come riconosciuto dalla Corte costituzionale, trova applicazione anche con riguardo agli stranieri, ove si tratti di assicurare la tutela dei diritti fondamentali ed inviolabili della persona, tra i quali si colloca quello a non essere discriminati in ragione della diversa etnia” – pone una seria ipoteca sulle reali capacità di educare di due coniugi che pongano limiti alla disponibilità all’adozione per motivi legati alle particolari caratteristiche somatiche, o alla etnia dell’adottando: “l’esigenza di rispetto dei diritti fondamentali del minore impedisce che possa legittimarsi con un provvedimento della pubblica autorità una tale selezione”.
Un bambino ha il diritto di essere messo al riparo da chi non vede nell’adozione un percorso finalizzato a tutelare l’interesse del minore, ma solo come un malinteso bisogno di genitorialità che trascende le necessità del fanciullo, per soddisfare il narcisismo degli adulti.